Greening collettivo a misura di piccole aziende
Realizzare le Aree di interesse ecologico comuni è una valida alternativa per soddisfare il 50% del vincolo Ue – I vantaggi per l’ambiente e la gestione aziendale, soprattutto in collina e montagna
Le Aree di Interesse Ecologico costituiscono uno degli impegni previsti dal “Greening” meno conosciuto dagli agricoltori e dal quale invece l’Unione Europea si aspetta maggiori risultati in termini soprattutto di ripristino della biodiversità naturale, ma anche di contributo alla mitigazione delle emissioni di gas serra da parte dell’agricoltura e di miglioramento dell’ambiente e del paesaggio in generale.
Per incidere direttamente ed indirettamente sulla biodiversità le aree di interesse ecologico possono essere terreni lasciati a riposo, elementi caratteristici del paesaggio, terrazze, fasce tampone, superfici oggetto di imboschimento e superfici agroforestali, anche aree dove vi è un uso ridotto dei fattori di produzione in azienda, quali aree coperte da colture intercalari e manto vegetale nella stagione invernale. L’obbligo riguarda esclusivamente le aziende che hanno una Sau superiore a 15 ettari. In Italia una stima per eccesso, sulla base dei dati del censimento 2010 (1), porta ad individuare un numero di oltre 100.000 aziende ed una superficie a seminativi di oltre 4 milioni di ettari che porterebbe ad avere oltre 200.000 ettari di Aree di Interesse Ecologico (Efa).
Poiché in molti Stati Membri, compreso il nostro Paese, le aziende agricole sono caratterizzate da dimensioni della SAU piuttosto ridotte, le superfici destinate alle Aree di Interesse Ecologiche rischiano di essere estremamente frammentate e di non svolgere efficacemente il loro ruolo. Pertanto, proprio al fine di aumentare il “beneficio” di queste aree per l’ambiente il regolamento comunitario introduce la possibilità di una gestione territoriale e collettiva del 50% delle superfici che devono essere destinate a Aree di Interesse Ecologico nell’ambito degli impegni del Greening.
L’art.46 del regolamento 1307/2013 al paragrafo 6 riporta “Gli Stati membri possono decidere di consentire agli agricoltori le cui aziende si trovano nelle immediate vicinanze di ottemperare collettivamente all’obbligo di destinare il 5% della propria superficie ad aree di interesse ecologico , purché tali aree siano adiacenti.
Si tratta quindi di una novità importante che consente di creare delle vere e proprie “oasi” per la biodiversità, individuando aree dove agricoltori dello stesso territorio possono trasferire gli specifici obblighi derivanti da questa misura del greening per una superficie pari al 50% di quella che devono destinare ad Area di interesse ecologico.
Stime su fonte Istat: Censimento agricoltura |
L’attuazione collettiva può essere autorizzata anche per realizzare un’applicazione regionale delle aree di interesse ecologico secondo quanto disposto dal paragrafo 5 dello stesso articolo del Regolamento di base: “Gli Stati membri possono decidere di applicare fino alla metà dei punti percentuali delle aree di interesse ecologico a livello regionale al fine di ottenere aree di interesse ecologico adiacenti. Gli Stati membri designano le aree e gli obblighi degli agricoltori o dei gruppi di agricoltori partecipanti. “
Questa nuova possibilità rappresenta un cambiamento importante nella Politica Agricola Comune che fino ad oggi si è focalizzata sui singoli agricoltori e che sempre più riconosce, per quanto riguarda misure che favoriscono le politiche ambientali della UE, l’importanza di una gestione “territoriale e collettiva” delle superfici da parte degli agricoltori: una scelta che consente da una parte di tener conto delle peculiarità territoriali dello stato delle risorse naturali e delle pratiche che possono migliorarne la qualità e la riproduzione; dall’altra, di avere una presenza di interventi significativi ed omogenei finalizzati, nello stesso territorio ad uno stesso obiettivo ritenuto prioritario. E’ questa la logica delle nuove modalità di intervento territoriale e collettivo per le misure agro-climatico ambientali introdotto dal nuovo Regolamento per lo Sviluppo Rurale.
Non ci sono ancora dati certi su come le imprese agricole che ne hanno l’obbligo stiano operando in merito alle scelte sulle Aree di interesse ecologico, considerate tutte le diverse possibili opzioni. Circa il 50% di tale obbligo sembrerebbe soddisfatto dalle fasce tampone, alberature, siepi e boschetti che sono consentiti dal regolamento, in molte aree del centro nord la possibilità di utilizzare colture azoto fissatrici consentirà comunque di utilizzare le superfici destinate ad Aree di interesse Ecologico.
Tuttavia in aree collinari e montane con problemi, dove le coltivazioni sono più difficili ed i rischi ambientali (come l’erosione) più importanti, e dove spesso vi sono seminativi abbandonati, la sperimentazione di una gestione collettiva di queste aree potrebbe divenire una vera e propria risorsa per la tutela e la riproduzione della biodiversità naturale e agricola locale, ma anche come luogo di osservazione e study visit. Sperimentazioni sono necessarie per definire gli impegni degli eventuali partecipanti e i rapporti tra i proprietari dei seminativi destinati ad Area Ecologica Collettiva e coloro che vi trasferirebbero il 50% del proprio obbligo. Le risorse potrebbero venire dallo Sviluppo Rurale che sostiene proprio questo tipo di azioni finalizzate a migliorare l’efficacia ambientale delle Politiche delle’Unione.
Flaminia Ventura
FONTE: PIANETAPSR